Relazione della Sig.ra Francesca Puppin relativa al primo ciclo di Danza Movimento Terapia per quattro ragazzi della Fondazione iniziato a novembre 2016 e concluso lo scorso maggio.
I genitori della Fondazione ringraziano la Sig.ra Puppin per l’impegno profuso lungo tutto il percorso, svolto con grande professionalità e competenza.
“ SGUARDI E GESTI “
Progetto di laboratorio di Danza-movimento terapia per i bambini della fondazione Antonietta e Riccardo Paoletti Onlus.
OBIETTIVI DEL PROGETTO
Sviluppare la capacità di differenziazione tra sé e l’altro per accrescere l’autocontrollo e migliorare l’inter-azione con l’altro e con l’ambiente. Provvedere ad un sistema di comunicazione adeguato attraverso l’integrazione degli input sensoriali con la coscienza corporea. Accrescere la concentrazione, canalizzare l’attenzione, elaborare ed organizzare gli stimoli. Eliminazione di comportamenti violenti, autodistruttivi e gesti bizzarri.
MODALITA’ DI ATTUAZIONE
Il setting è costituito da una grande stanza rettangolare con due finestre disposte ai lati opposti e dalle quali si può osservare il ‘mondo fuori’ nella luce del giorno. L’accesso alla sala è preceduto da un’anti-sala ove si ripone ciò che all’interno non serve, uno spazio che precede l’attività. Nella sala un armadio che contiene cuscini e materiali di gioco da un lato, e dall’altro una cesta contenente oggetti di forma e qualità diverse. Entrambi accessibili e prive di serratura. Solitamente arrivo prima per preparare la stanza, disporre i materiali e costruire un centro simbolico che possa assumere un significato di affiliazione e di cerchio, un contenitore simbolico ove ci si possa tuffare e abbia posto sufficiente per tutti.
Il percorso è composto da tre fasi: la fase iniziale o del contatto, la fase centrale o di trasformazione e la fase finale o di separazione.
La fase iniziale è caratterizzata principalmente da un tempo di presentazione, osservazione ed apprendimento delle regole della relazione. Il primo approccio che porta in sé la persona così com’è e dove si trova in quel momento, fu ricco di movimenti incontrollati e di distanze al limite delle pareti prediligendo le finestre che a mio avviso sono simbolo di scudo protettivo, ove gli sguardi vengono celati dalla presentazione del dorso e delle spalle oppure da inclinazioni e posture diagonali che mimetizzano alla terapeuta la possibilità di un contatto visivo. Il mio stare lì con loro senza giudizio ed offrendo delle possibilità nella coreografia del movimento utilizzando i materiali come fonte creativa di divertimento, ha progressivamente aiutato i piccoli utenti ad abbassare le difese e lasciarsi contattare individualmente, ognuno nella sua specificità ed a favorire una espressione più interna, senza percepire l’incontro come una lezione.
La fase centrale si veste di una maturazione ove gli utenti si arricchiscono di una consapevolezza temporale e spaziale dell’incontro settimanale, saranno loro stessi a manifestare in famiglia il piacere di partecipare nonostante la densità delle loro giornate. Il gruppo ha permesso ai membri di entrare in contatto ed in relazione con l’altro. Le coreografie della relazione in questa fase entrano in una dimensione di divertimento e possibilità di mostrarsi all’altro senza il timore di essere ammoniti o giudicati. Il gioco ha creato la possibilità, alla terapeuta ed a loro, di incontrarsi nelle difese, permettere a questa banda di scatenati di sfogare le proprie tensioni per lasciare spazio all’attenzione ed alla condivisione, rispettando la libertà del loro movimento. La coreografia del movimento individuale assume un aspetto collettivo, le distanze si riducono fino all’abitare insieme quello spazio centrale della stanza simbolico di un contenitore comune ove tutti si possono vedere e tutti possono essere visti senza differenze o dislivelli, e sentirsi finalmente parte di un insieme collettivo ove ognuno può fare esperienza di sé assieme all’altro in un clima divertente e dunque di piacere.
La fase finale, quella degli ultimi incontri si caratterizza per l’acquisizione di una autonomia del gruppo. Sono loro stessi che scelgono i materiali di gioco e li dispongono a loro piacere, quindi esprimono una intenzione. Condividono poi capriole e rotolamenti sostenuti dal pavimento e la composizione/scomposizione di diadi i cui movimenti vengono imitati e trasformati secondo la decisione dell’uno o dell’altro. Vi è dunque la prima acquisizione di tridimensionalità ove vi è spazio anche per altro e per l’altro. La loro capacità di prestare/ canalizzare l’attenzione a qualcosa che suscita interesse si palesa nell’aumentata concentrazione rispetto ad un oggetto o al richiamo del compagno di gioco. Gli stati di tensione muscolare sono più diradati e i movimenti stereotipati (stati d’ansia), compaiono solo nei momenti di discordanza o nel momento di saluto/separazione da ogni incontro.
CONCLUSIONI. Il gruppo nelle sue fasi ha affrontato un viaggio tutto nuovo per piccoli esploratori ed anche per la terapeuta, i mezzi di navigazione si sono creati e scoperti durante l’ingresso in mare. La musica che ci ha accompagnato in quasi tutti gli incontri, forse come co-terapeuta, verso il concludersi del viaggio a volte non era più necessaria. Le risate, i suoni, i gorgheggi e i ritmi dei partecipanti colmavano il silenzio di un vuoto che progressivamente si è fatto pieno della creatività di ognuno e del proprio modo di essere.
Francesca Puppin